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Uno, nessuno e centomila

L’identità secondo Pirandello

Puoi trovare il podcast con l’introduzione, analisi e riassunto completo di Uno nessuno e centomila a questo indirizzo.

“Chi sono io?” Questa è la domanda che tormenta Vitangelo Moscarda, il protagonista di Uno, nessuno e centomila, il romanzo più filosofico e destabilizzante di Luigi Pirandello.

Pubblicato nel 1926, ma iniziato oltre quindici anni prima, questo libro è un viaggio nella frammentazione dell’identità, un’opera che smonta ogni certezza e ci costringe a riflettere su chi siamo davvero.

Di cosa parla Uno, nessuno e centomila

La storia ha un inizio apparentemente banale: Vitangelo Moscarda, un uomo benestante e senza particolari inquietudini, scopre un giorno, grazie a un’osservazione della moglie, che il suo naso pende leggermente verso destra.

Un dettaglio insignificante? Forse. Ma questa rivelazione scatena in lui un dubbio devastante: se lui non si era mai accorto di questa imperfezione, quante altre cose di sé stesso gli sfuggono?

Da questo momento, Moscarda comincia a riflettere in modo ossessivo su come gli altri lo vedono e si rende conto che ogni persona lo percepisce in modo diverso.

Lui non è uno solo: è centomila, perché esistono tante versioni di lui quanti sono gli sguardi che lo osservano. E allo stesso tempo, questa molteplicità lo annulla: non è nessuno, perché non può possedere un’identità fissa e coerente.

Un romanzo che mette in crisi le certezze

Uno, nessuno e centomila è un romanzo sconvolgente perché ci costringe a mettere in discussione tutto ciò che pensiamo di sapere su noi stessi.

Quante volte abbiamo avuto la sensazione di essere diversi a seconda di chi abbiamo davanti?
Quante volte ci siamo chiesti se gli altri ci vedono davvero come noi ci percepiamo? Pirandello ci dice che non esiste un “vero io”, perché la nostra identità è un’invenzione, un’illusione costruita attraverso gli occhi degli altri.

Un brano dal romanzo

Ecco un brano tratto da Uno, nessuno e centomila, che rappresenta bene la crisi di Vitangelo Moscarda e il suo smarrimento di fronte alla molteplicità dell’identità:

«Non ero più uno per me, ero centomila per gli altri. E quel me stesso che io mi ero figurato fino a quel giorno, quell’uno solo che io mi ero creduto sempre, non era mai esistito.
Ed ecco, io mi vedevo vivere. Vedevo Moscarda Vitangelo fare certi atti, prendere certe attitudini, pronunziare certe parole. Ma io non ero più lui.
Ero fuori, sospeso. Io non avevo più un corpo, io non avevo più un nome. Ero un nulla.
E se la mia immagine di me stesso era stata un inganno, allora lo erano state anche tutte le immagini che gli altri avevano di me. Ma chi ero io, allora?
Nessuno. Eppure, in ognuno ero qualcuno diverso. Centomila, e nessuno.»

ATTENZIONE: DA QUI IN POI L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SULLO SVILUPPO E IL FINALE DEL ROMANZO

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